Una inaspettata maggioranza alternativa

Hai visto come è strana la politica?” Daniele, uno dei miei vicini di casa, non se ne intendeva molto di certe questioni, per cui venne da me a chiedermi cosa pensavo dei risultati inaspettati delle ultime elezioni. “Come è possibile che certi personaggi, anche poco conosciuti, siano stati capaci di prendere così tanti voti?” La domanda è molto comune, ma non c'è nulla di strano in tale situazione: anche questo fenomeno “sociale” può essere spiegato in modo scientifico...



Generalmente, una minoranza di persone, capace di influenzare un grande numero di altri individui, è fondamentale per la propagazione di certi comportamenti in una società, come ad esempio comprare un tipo di cellulare piuttosto che un altro, oppure andare in vacanza in un certo posto invece che in un altro. Una idea comune è che le persone più “connesse” con il resto del mondo siano responsabili della diffusione su grande scala di questi comportamenti. Ciò è vero solo in parte, poiché degli “esperimenti” svolti negli ultimi anni sui social network (come Facebook, ad esempio) hanno mostrato che, in certe circostanze, persone molto ben “connesse” o molto autorevoli hanno poco effetto sul processo di diffusione. O anche che il “contagio sociale” riguardo un dato comportamento (vestire in un certo modo, esprimersi in una data maniera, acquisire una certa abitudine, ecc.) avviene più grazie ad una massa “critica” di individui “normali” capaci di influenzare gli altri che non grazie a individui “autorevoli”.

 

Da un punto di vista scientifico, queste persone “autorevoli” sono denominate opinion leaders, ossia – in modo molto semplice – degli individui capaci di influenzare gli altri senza esserne influenzati: l'interazione tra gli opinion leaders e il resto della popolazione (agenti) è dunque unidirezionale. Naturalmente, in un sistema sociale ordinario, gli opinion leaders sono una minoranza della popolazione. Lo studio di un tale sistema può essere effettuato con i metodi usuali della meccanica statistica: preso un certo insieme (molto numeroso) in cui sono posizionati (a caso) un dato numero (piccolo) di opinion leaders e un altro numero (grande) di agenti influenzabili, si considera – come prima approssimazione – solo l'interazione tra un individuo e il suo vicino, entrambi potendo essere o un opinion leader o un agente influenzabile. Per semplicità, si può considerare che tali agenti possano avere solo un numero limitato di “opinioni” possibili (o, più tecnicamente, di stati possibili), diciamo da 1 a 10 per esempio. Invece, gli opinion leaders hanno sempre e solo una data “opinione” (ossia, un solo stato), uguale tra loro. Se l'interazione avviene tra un opinion leader ed un agente, quest'ultimo cambia “stato” (ovvero passa da una opinione ad un'altra); in tutti gli altri casi non avviene alcun cambiamento di stato. Poiché l'interazione avviene solo tra “vicini”, e la posizione di opinion leaders e agenti nella popolazione è completamente casuale, altrettanto casuali saranno i possibili cambiamenti di stato degli agenti. Si tratta, allora, di seguire l'evoluzione nel tempo di un tale sistema, partendo dalla condizione che ciascun agente abbia inizialmente una a caso tra le opinioni possibili: si formeranno degli aggregati di individui tutti con una stessa opinione (e, in tal caso, quanto grande è tale aggregato), oppure rimarranno agenti sparsi con opinioni diverse?

Un primo risultato che si ottiene è che, nel caso in cui non vi fossero opinion leaders nella popolazione, si formerebbe una configurazione stazionaria in cui gli individui si raggruppano spontaneamente in aggregati di diversa dimensione, ciascun aggregato avendo una data opinione. Tale “fase” del sistema sociale è, dunque, evidentemente disordinata. Tuttavia, se si aumenta il numero di opinion leaders nella popolazione, la competizione tra una situazione “imposta” da questi e quella “spontanea” risultante dall'interazione tra agenti fa emergere una “fase” più ordinata. Tale fase dipende dal numero A di agenti che hanno inizialmente (e, quindi, indipendentemente, ovvero non imposta) la stessa opinione degli opinion leaders: se tale numero è sufficientemente grande, allora l'opinione che si diffonderà maggiormente è proprio quella imposta dagli opinion leaders, come ci si aspetta (fase I). Inaspettatamente, però, se tale numero diminuisce, si viene a creare una situazione in cui un gruppo di agenti si ordina spontaneamente a formare un aggregato di dimensioni apprezzabili con una opinione comune diversa da quella degli opinion leaders (fase II). Paradossalmente, quindi, in tale situazione la presenza di opinion leaders favorisce l'insorgere di un gruppo alternativo contro proprio l'imposizione di una data opinione da parte di una minoranza influente. Diminuendo ancora il numero A, si crea una situazione disordinata (fase III) analoga al caso in cui non vi sono opinion leaders. Visivamente, tali risultati sono riassunti dalla figura qui sotto, in cui gli opinion leaders sono rappresentati dai punti blu riuniti in circolo, mentre gli agenti influenzabili sono rappresentati in verde (se hanno inizialmente la stessa opinione dei leaders) o in giallo (se hanno inizialmente una opinione diversa). Sul lato sinistro di ciascuna figura vi è la situazione iniziale, mentre sul lato destro vi è rappresentata la situazione finale, dopo che il sistema è evoluto nel tempo. Diminuendo i punti verdi, si passa da una situazione (caso a) in cui alla fine vi è un solo grande aggregato con una opinione imposta, ad una in cui un aggregato alternativo si forma ma è ancora minoranza (caso b), al caso in cui questo diventa maggioranza (caso c) e, infine, in cui vi è una situazione disordinata, con aggregati di dimensione diversa con opinioni diverse.



Dunque, non vi è nulla di strano in quanto notato da Daniele. Viene però da chiedersi a cosa sia dovuto tale comportamento inaspettato. Alcuni ricercatori sudamericani hanno mostrato che il fenomeno non dipende tanto dall'interazione globale tra gli agenti, ma piuttosto dall'esistenza di un minimo numero di “connessioni” a grande raggio d'azione, piccolo rispetto alle dimensioni della popolazione. In pratica, anche se l'interazione tra agenti avviene – nel modello considerato – solo tra individui vicini tra loro, alcuni di questi possono essere “raggiungibili” effettivamente (mediante più passaggi) anche a distanze più grandi, ma sempre piccole rispetto le dimensioni dell'intera popolazione, e questo favorisce l'insorgere di una maggioranza alternativa.

Non capii se, dopo questa spiegazione, Daniele se ne andò più rassicurato o più preoccupato. Forse sarebbe stato ancora più sconcertato se avesse saputo che questi fenomeni “collettivi” sono presenti anche in altri ambiti, come la propagazione di epidemie, la diffusione dell'innovazione tecnologica, la disseminazione della cultura, ecc. Meglio, dunque, stare allerta.

 S. Esposito, fisico