L'equazione di De Broglie
De Broglie ipotizza l'esistenza di un onda associata, ad esempio, a un elettrone. Ma come si giustifica la sua equazione? Infatti non ci sono dati sperimentali che ne dimostrano la correttezza. Non potremmo allora ipotizzare altre forme di equazione per l'onda associata a un elettrone?
Marco
Risposta:
Caro Marco,
il ragionamento del Duca Louis de Broglie, esposto nella sua tesi di dottorato del 1924, era estremamente semplice.
Quasi venti anni prima, grazie al lavoro di interpretazione dell'effetto fotoelettrico da parte di Einstein (seguito alla spiegazione di Planck del problema dello spettro del corpo nero), ci si rese conto che la luce - un'onda elettromagnetica di data frequenza nu e lunghezza d'onda lambda, propagantesi alla velocità c - in certe circostanze (come per esempio nell'effetto fotoelettrico e nel corpo nero) si comportava come se fosse costituita da minuscole particelle - i fotoni. Ora, il problema era di collegare proprietà tipiche delle particelle, come massa, velocità, energia, ecc. a proprietà invece caratteristiche solo delle onde, come lunghezza d'onda, frequenza, ecc. Einstein riuscì' facilmente in questo, grazie al "suggerimento" avuto qualche anno prima da Planck: l'energia E dei fotoni è data dalla formula E = h nu, dove nu è la frequenza della luce costituita da fotoni, e h è una costante (di valore numerico molto piccolo) detta costante di Planck. Le altre proprietà "particolari" dei fotoni seguivano di conseguenza. Ad esempio, la quantità di moto p è collegata all'energia E di una particella dalla relazione di Einstein (scoperta da lui nella teoria della relatività) dalla relazione E = c p, dove c è la velocità della luce, ossia la velocità con cui si muovono i fotoni. Da qui si ricava che p = E/c = h nu/c = h/lambda, dove si tiene conto che, per la luce (e, in generale, per un'onda generica che si propaga a velocità c) il prodotto della lunghezza d'onda per la frequenza è uguale alla velocità dell'onda: lambda * nu = c. (e quindi nu/c=1/lambda).
De Broglie ribaltò il discorso. Se la luce, che è un fenomeno ondulatorio, in alcuni casi si comporta come se fosse costituita da particelle, allora è ragionevole supporre che anche gli elettroni (ad esempio), che usualmente si comportano come particelle, in alcuni casi possano manifestare proprietà ondulatorie (ipotesi di de Broglie). Il problema, allora, era di collegare le proprietà tipiche delle onde a quelle tipiche delle particelle. Qui de Broglie assunse che le relazioni fossero esattamente le stesse come quelle di sopra, ossia che la frequenza di tale onda associata fosse data da nu = E/h (inverso di E = h nu), mentre la lunghezza d'onda da lambda = h/p (inverso di p = h/lambda). In particolare, da quest'ultima si ricava che, poiché per un elettrone la quantità di moto è data da (se la velocità è piccola rispetto alla velocità della luce) p = m v, dove m è la massa dell'elettrone e v la sua velocità, la relazione tra lunghezza d'onda associata e velocità dell'elettrone è data da lambda = h/mv (equazione di de Broglie). Quest'ultima relazione ha subito una serie enorme di verifiche sperimentali, la prima delle quali avvenne nel 1927 nell'esperimento di Davisson e Germer. Questi due fisici statunitensi provarono che, sparando degli elettroni su un cristallo, essi subivano un fenomeno di diffrazione - caratteristico solo delle onde, e non delle particelle -, ossia osservarono delle "frange di interferenza", del tutto analoghe a quelle che si osservano nella diffrazione e interferenza della luce. Le misure provarono che la lunghezza d'onda necessaria per spiegare tale fenomeno era data esattamente dalla relazione di de Broglie, al variare della velocità degli elettroni.
Innumerevoli altre conferme si sono avute negli anni successivi, fino ad oggi. Pensa che l'equazione di Schrodinger, su cui si basa la meccanica quantistica, è una conseguenza diretta dell'ipotesi di de Broglie, per cui tutte le cose che si ricavano da essa, incluso il funzionamento di tutti gli oggetti elettronici che hai in tasca o a casa, provano che l'ipotesi di de Broglie era corretta, inclusa la sua equazione.